La figura di Apollo e della sua adorazione rimanda sicuramente a un’importante fase della colonia crotonese, e si lega alla figura di Pitagora che a Crotone consolidò tale culto facendolo entrare in maniera stabile nel suo mondo religioso. Come precedentemente detto, il Samio rappresentò per Crotone una figura fondamentale e i suoi stessi discepoli lo identificarono con la figura di Apollo Iperboreo, in segno di ammirazione per il suo sapere, a loro parere “divino”. Vale la pena sottolineare comunque che la stessa figura di Apollo era già precedentemente ancorata al patrimonio culturale della chora, basti pensare alla già citata tradizione della fondazione della stessa città, da parte di Myskellos e per volere dell’oracolo di Delfi. Ciò rimanda al rapporto di prestigio che i crotoniati vollero instaurare con Delfi e quindi al ruolo fondamentale di Apollo Pizio nel Pantheon locale. A tale riguardo si tenga conto inoltre che dal 530 a.C., il simbolo monetale principale della città sarà proprio l’immagine del tripode, simbolo assoluto dell’universo pitico. E’ da sottolineare come fosse caso rarissimo per una colonia l’adozione del simbolo di un santuario panellenico, soprattutto per l’età classica e arcaica, cosa che qui si verifica in maniera unica rispetto alle altre colonie. La stessa vicinanza del Santuario di Krimisa, consacrato proprio ad Apollo, e sotto l’egemonia della colonia crotonese faceva sì che il legame con la figura del dio fosse ancora più forte, soprattutto per il ruolo politico che veniva a lui attribuito, visto infatti come tutore dell’ordine e dell’armonia sociale costituita. Apollo insomma è legato all’apollinismo civico di Crotone, soprattutto negli ultimi tre decenni del VI sec. Pitagora quindi non fece altro che rendere più saldo il rapporto che i crotonesi avevano già con la figura del dio e il suo contributo si inserisce dunque in una prospettiva di «evoluzione» piuttosto che di «tradizione».Un legame che prende forma in un momento di affermazione dell’identità e del ruolo della comunità attraverso il riferimento al mondo pitico e quindi a funzioni simboliche di prestigio riferite all’identità della città. Ciò spiegherebbe anche perché la divinità non ha in Crotone un centro di culto locale, niente infatti è stato ancora ritrovato che possa far pensare a un tempio o un edificio sacro al dio; solo gli storici ci ridanno qualche traccia a riguardo, per esempio Giamblico (De vita Pyth.,IX, 50) menziona un Tempio dove sembra che Pitagora tenesse i suoi discorsi ai ragazzi della città, per formarli ai valori civili e militari e dove sempre secondo altre fonti storiche furono trasportate le favolose armi di Eracle, depositate da Filottete nel tempio di Apollo Alaios a Krimisa. E sempre nel Tempio di Pitagora e nella sua casa secondo alcuni storici, tra cui Valerio Massimo (VIII, 15) i crotonesi invitarono il Samio a rivolgere il suo sapere anche alle donne. A riguardo si ricorda l’esortazione del filosofo alle gynaikes, o matrone del posto a dedicare alla dea le loro vesti sontuose. Dopo la morte del filosofo, il luogo fu trasformato in un piccolo tempio dedicato a Demeter, che fino ad allora non aveva avuto un suo culto nella città. Ma è questa una notizia difficile da confermare; d’altronde lo stesso Giamblico[50], che è la fonte più autorevole per quanto riguarda la figura di Pitagora, riporta la stessa notizia ma questa volta spostata a Metaponto. Sempre lo stesso Pitagora (Giamblico, De Pyth. Vita, IX, 45) avrebbe raccomandato ai crotoniati l’instaurazione del culto delle Muse, come protettrici di tutto ciò che contribuisce alla prosperità dei popoli. Solo supposizioni dunque e interpretazioni incerte alle quali è molto difficile dare un punto fermo[51] Come detto precedentemente, i crotoniati comunque coltivarono fin dalla fondazione della colonia la memoria di diversi eroi dell’epos, rifacenti al mondo religioso di matrice peloponnesiaca. Va citato ancora una volta Achille il semidio e il penthos funebre perpetuato delle donne crotonesi per commemorare la sua morte nel giardino della dea del Lacinio. E vanno poi ricordati Menelao ed Elena che sicuramente godettero di importanza all’interno del mondo religioso dell’apoikìa… A riguardo è ancora l’Alexandra di Licophrone, nel monologo della visionaria figlia di Priamo, Cassandra appunto, nel momento in cui Paride si apprestava a salpare per Troia per rapire la bella Elena, che parla del nostos, viaggio di ritorno di Menelao che, insieme a Elena, nel suo errare, toccherà le coste crotonesi[52] Inoltre si ricordi per la figura di Elena, come tra le bellezze del tempio di Hera Lacinia venisse ricordato proprio il dipinto di Zeusi raffigurante della bella di Troia. È quindi probabile che la presenza delle pitture di Zeusi implicasse l’esistenza di un qualche culto dedicato ad Elena proprio nel tempio di Hera Lacinia o nelle immediate vicinanze.E per quanto incerto, fu sicuramente il versante eroico che permise ai crotonesi di alimentare culti legati alla storia della sua fondazione. Lo stesso Myskellos di Ryphe, universalmente riconosciuto come ecista della città godette di ammirazione e adorazione. E ancora lo stesso Eracle, secondo la tradizione mitologica, anche lui ecista della città e dello stesso Tempio di Hera Lacinia ricoprì sempre un ruolo eminente nel mondo religioso dei crotoniati, che a lui legarono il vanto eroico e la loro inclinazione violenta, inneggiando spesso nel suo nome rivolte e battaglie cruente.
CONCLUSIONI
Come più volte affermato in questo lavoro, ricostruire la storia sociale e religiosa della colonia crotonese ha significato osservare e accedere a delle fonti che sono, per diversi motivi, frammentarie e discontinue. Neanche i segni archeologici rimasti oggi purtroppo permettono di dare una chiave di lettura definitiva e precisa della fisionomia dell’Heraîon di Capocolonna. Per quanto riguardo il versante religioso, nonostante la scarsa quantità di informazioni disponibili, quello che emerge in maniera chiara e definita è il ruolo assolutamente centrale che il promontorio del Lacinio ha avuto nel patrimonio sacro della città ancora prima dell’arrivo dei colonizzatori achei e che si è protratto nei tempi fino ad oggi. La frequentazione di tale zona e quindi di tutto il crotonese, in un periodo compreso tra l’VIII e VII sec. a.C, al di là dei problemi storici e cronologici ha permesso di affrontare proprio la continuità religiosa di questo luogo, che partendo dagli insediamenti indigeni, adoratori di una divinità femminile protettrice della terra e della vegetazione, e di cui sono stati ritrovati importanti riscontri votivi, con l’arrivo dei colonizzatori greci è quindi confluita nei valori religiosi e cultuali di questo popolo, che vide incarnare nella figura di Hera le caratteristiche divine pertinenti al luogo colonizzato. La magnificenza e il fasto è stato padrone di questo territorio per molti secoli, attraverso il perduto tempio, gli altri edifici sacri e la bellezza e la salubrità dei luoghi; e qui i crotoniati organizzarono in maniera assoluta il loro polo religioso, che vide appunto in Hera la divinità principale, attraverso le molteplici peculiarità che quest’ultima esercitò su diversi ambiti della vita sociale e religiosa della colonia. Una piccola parte dei ritrovati tesori dedicati alla dea ha permesso inoltre di attestare l’importanza che questa ebbe per la Calabria Jonica e nella Magna Grecia tutta. Sicuramente altre divinità hanno avuto importanza nella chora. Apollo soprattutto affianca Hera, e si lega alla crescita politica ed economica dei crotoniati. Si ritrovano poi tracce di altre presenze religiose, come Demeter, le Muse, gli eroi legati alla fondazione. Ma tanto ancora va scoperto e approfondito su questo versante. Quello che è emerso dall’analisi delle figure presenti nel pantheon religioso della città è un’assoluta presenza femminile che partendo appunto dalla divinità indigena non si esaurisce con la fine del periodo magno-greco ma che in maniera particolare e meno fastosa confluisce in un altro culto presente negli stessi luoghi ancora oggi, quello della Madonna di Capocolonna, la protettrice assoluta dei crotonesi, a cui sono dedicate solenne processioni e feste folkloristiche. Naturalmente questa non vuole essere un’affermazione, un volere screditare valori cristiani forti e radicati , ma nella necessaria sinteticità di questo lavoro, quello che ho cercato di fare emergere in maniera chiara e sempre attraverso lo studio delle fonti letterarie è una comunanza di elementi sacri, che al di là della provenienza o valenza storica corrispondono al bisogno arcaico dell’uomo di credere in qualcosa di forte e superiore, di creare una comunità compatta e intrisa di religiosità. Quello che emerge è l’idea personale di una venerazione mai spezzata, sradicata, ma continua e mutata, di valori che vanno dal primitivo al pagano al religioso in maniera naturale. Diversi e molteplici sono gli elementi in comune del culto di Hera e quello della Madonna di Capocolonna, dalla storia di insediamento della divinità alle processioni e riti preponderanti nella credenza e nel culto. La letteratura greca, attraverso la testimonianza di Menodoto, ha permesso di trovare queste comunanze che sicuramente non possono essere semplici coincidenze, ma riflussi di civiltà diverse che nell’antichità si sono incontrate nella comunanza religiosa. Sicuramente bisognerebbe ampliare questo argomento, per molti versi ancora incerto e oscuro, ma questo vuole essere un piccolo contributo alla storia sociale e soprattutto religiosa di Crotone, che proprio da crotonese ho avuto modo di osservare da sempre e capire. Una città che cerca un riscatto che non è ancora avvenuto, che inneggia con poco coraggio ai fasti perduti ma che guarda in maniera ostinata a quella colonna solitaria come a qualcosa che nonostante tutto – il vento, il mare, la precarietà – si aggrappa alla propria terra.
(CREDIT: LA PROVINCIA KR)